A seguito della modifica del tracciato autostradale della A3 Salerno-Reggio Calabria e la conseguente acquisizione di un’area – circa 70.000 mq oltre ai 30.000 mq dell’ex carreggiate da rinaturalizzare – di interesse paesaggistico e storico, l’Anas esplicita un concorso internazionale per la realizzazione di una stazione di sosta con plurimi servizi: – parcheggio con venti stalli per tir e centocinquanta per auto, – area attrezzata per venti camper, – motel con circa cento posti letto in camere doppie prevalentemente orientate a sud, aperte su una zona a verde privato e isolate dall’autostrada tramite una collina artificiale, – da relazionare a quello nazionale di Pontecagnano e all’area archeologica di Paestum, un piccolo museo archeologico di circa mille metri quadri per esporre gli ingenti reperti della prima età del ferro (X secolo a.c.) rinvenuti durante i lavori di scavo della nuova autostrada fra Pontecagnano e Battibaglia in un insediamento fondato da genti di cultura villanoviana provenienti dall’Etruria meridionale, – infobox, – ristobar, infine, di trecento metri quadri con giardino per la colazione all’aperto.
Un programma polifunzionale, pertanto, che reinterpreta il tema progettuale dell’area di servizio autostradale caratterizzandolo in un organismo atto a costituirsi, nell’interpretare peculiarità e valenze locali, come volano di crescita per una zona dalla forte inclinazione ecologica. Nella provincia di Salerno, al confine quasi fra la Campania e la Basilicata a ridosso dello svincolo autostradale del centro di Camapagna, infatti, l’area di progetto ricade in un territorio cruciale da un punto di vista ambientale. Individuata dal Piano Territoriale e Regionale approvato nel 2005 come punto di confluenza di tre sistemi ecologici differenti (corridoi Appenninico principale, regionale trasversale del Sele-Tanagro e dell’alto Sele) si estende in prossimità dell’oasi naturalistica di Persano ai margini della piana alluvionale del fiume Sele confinante con i sistemi collinari e le formazioni terrigene a corona dei monti carbonatici Picentini e Albumi. In quest’ottica caratteristica fondamentale dell’intervento è la particolare attenzione posta alla riqualificazione dell’area attraverso interventi orientati a stimolare processi di «”rinaturazione” (tesi a ricostruire condizioni di naturalità coerenti con la struttura ecosistemica dei luoghi) e di “rinaturalizzazione” (finalizzati a conferire un’apparenza di naturalità ai luoghi)». Ecco quindi che scelta e caratteristiche delle aree verdi sono funzionali allo stimolo di dinamiche ambientali integrative in cui, nel garantire una coerenza biologica, architettura e autostrada diventano parte integrante di una nuovo paesaggio.
Il progetto si manifesta come grumo materico sviluppato in plurimi volumi articolati secondo una narrazione polidirezionta che, nel dare inedite interpretazioni al contesto, reintegra elementi naturali e non secondo visioni differenziate e multiple. Per chi percorre l’autostrada ad emergere è l’edificio del museo, intersezione di figure solide a struttura metallica rivestite in vetro, zinco, rame, pensate per stagliarsi, da una visione a distanza, in contrapposizione al cielo. Dalle geometrie cristalline – sembrano quasi una formazione quarzifera prismatica- sono dei moderni totem che captano lo sguardo “accelerato” degli automobilisti suggerendo la presenza di una realtà che, nell’ancorarsi al paesaggio, si manifesta complessa, articolata e segnata da calibrate differenze volumetriche. E in effetti, per chi lo fruisce entrando dalla corsia dell’autostrada, tale si presenta l’intero complesso strutturato secondo, una giacitura allungata regolata da rotazioni e fratture, in parti funzionali facilmente distinguibili: il blocco delle camere, due parallelepipedi accostati in obliquo e protetti verso l’autostrada da un piano inclinato erboso, gli spazi del ristorante e della reception, definiti da un volume trapezoidale con un lato e copertura inclinati, il museo, infine, costituito da una sequenza di prismi destabilizzati dal perimetro seghettato quasi fossero una concrezione geologica di un evento tellurico. E ancor più tale sensazione di deflagrazione è accentuata per la presenza di uno specchio d’acqua che, incuneandosi fra gli spazi museali a mo’ di lama “saettante”, ne frattura la concatenazione proiettandone la presenza nel giardino circostante.
Si costituisce, così. una sorta di antro cavernoso solcato dall’acqua che, nel caratterizzare il percorso fruitivo, lo apre ai visioni territoriali simultanee particolarmente suggestive con perno in un punto “periscopio” che, attraverso un videorama, fornisce immagini a 360° del paesaggio circostante segnalando le posizioni archeologicamente significative. E d’altronde, nell’innervare il contesto a favore di una variegata relazione ancor più pregnante, la trama dei percorsi costituisce una delle strategie d’intervento che permeano il progetto. Così oltre a diverse connessioni carrabili, al portico d’ingresso del museo e albergo, spazio baricentrico dell’intero complesso aperto su due lati, pervengono due percorrenze pedonali; l’una, sottopassando l’autostrada, collega l’area di servizio nord (sia direttamente, sia con un tragitto al margine del canale d’acqua); l’altra proveniente dalla zona camper e tir. Da quest’ultima è anche previsto un collegamento in quota che, raccordato al suolo tramite una cordonata, attraversa senza interferenze funzionali lo specchio d’acqua del museo scendendo dolcemente sulla copertura a verde inclinato della zona “ricettività”. Nell’intreccio di segni, direzioni oblique, scorci prospettici, materiali eterogenei si genera un complesso organismo architettonico, cerniera sensibile di più frammenti ed esso stesso tassello di un sistema in divenire ancor più ampio.