Oggetto nel corso della seconda metà del XX secolo di proposte (concorso per la sistemazione della zona a mare del 1951) e interventi (particolarmente significativo per qualità ed esiti raggiunti il recupero dell’ex-zolfatare a centro fieristico concluso dopo un lungo iter da Giacomo Leone negli anni ottanta) il water front di Catania negli ultimi anni è stato ulteriormente interessato da realizzazioni – alcune negative – e idee nell’ottica di un rilancio complessivo della città. Nel quartiere di San Cristoforo contiguo al centro storico e alle banchine portuali, il progetto di ristrutturazione dell’ex-stabilimento del gas, un’area di circa 9000 mq sul lungo mare Cristoforo Colombo con due gasometri circolari circondati da due Scrubber in ghisa del 1888, un capannone, un edificio storico prospiciente la strada principale e altri manufatti interni, si inserisce in tale dinamica di trasformazione urbana.
Ne allarga l’ambito di interesse alla zona sud del fronte a mare in una parte della città particolarmente degradata con un elevato valore strategico in quanto cerniera fra centro storico ed espansione a sud posta sulla direzione principale di collegamento territoriale, un’arteria litoranea che, a ridosso di plurimi lidi balneari, attraversa un’area a vocazione turistico-terziaria. Con la consulenza dell’ufficio tecnico comunale, ad oggi si è in attesa dei finanziamenti necessari per la bonifica le cui valutazioni sono già state avviate dall’ASEC, azienda che ha in uso ancora parzialmente il complesso con attività amministrative e tecniche.
In relazione all’area, da connettere anche al limitrofo ex-mattatoio recuperato come centro polivalente per attività sportive, e ai vincoli di salvaguardia delle preesistenze, particolarmente complessa e stimolante la richiesta: la realizzazione di un sistema di teatri sperimentali, tre al coperto con caratteristiche diverse e tre all’aperto, capace di costituire un distretto innovativo di ricerca per nuove professionalità nelle discipline dell’arte, musica, spettacolo e comunicazione destinato ad interrelarsi ad un circuito culturale internazionale di promozione e divulgazione. Completano, poi, il programma funzionale un museo della fabbrica dove far rivivere la memoria del sito, una foresteria, un edificio destinato ad ingresso con annessi servizi di accoglienza, uffici e, infine, un sistema unico di camerini per gli attori.
Ristrutturazione e recupero delle volumetrie esistenti tuttavia con una riduzione dei metri cubi, integrazione dei diversi fabbricati attraverso la definizione di spazi connettivi -corti, percorsi -, in un’organizzazione complessiva con caratteri di introspezione e chiusura verso l’esterno ad eccezione di pochi e significativi landmark che palesano la loro presenza oltre il confine del lotto, logiche di sostenibilità energetica ed ecologica con recupero dei materiali di risulta, riciclo dell’acqua, pannelli fotovoltaici, impiego di essenze arboree come strumento di controllo della qualità ambientale; ecco in sintesi le linee guida del progetto. Funzionalmente le sale teatrali al chiuso sono risolte nei due gasometri, le cui coperture offrono lo spazio per due ulteriori platee all’aperto, e nel capannone industriale – complesso Carbonili Sala Forni -con sala a doppia cavea illuminata e areata naturalmente da cinque “camini di luce” posti sul tetto di 3 metri di diametro e 5,5 di altezza.
Adibito al percorso degli attori, che hanno la possibilità di configurare inedite interrelazioni con il pubblico in un sistema plurimi di accesso ai vari palcoscenici, un ponte aereo, spazialmente reintegrandoli, ne stabilisce una connessione divenendo, alto sopra le coperture, al tempo stesso elemento di riconoscibilità urbana accentuato in tale significato per l’emissione di un segnale luminoso (periscopio-monitor) durante le ore notturne. Al di sotto del primo gasometro si colloca il “museo del gas”, mentre l’edificio su via Cristoforo Colombo, adeguatamente riadattato, è trasformato per servizi di accoglienza, biblioteca, sale espositive, foresteria, spazio ristoro, punto vendita. Per il fabbricato su via Aretusa, invece, è prevista la sostituzione con uno ex novo che nel rispettare tipologia e volumetria dell’originario accoglie al piano terra laboratori e negli altri livelli camerini, cameroni, guardaroba, stireria, parrucchieri e spazi di supporto. Nella zona nord dell’area è inserito un teatro all’aperto con relativi servizi.
A connettere le diverse presenze architettoniche in una trama complessa di camminamenti gradonati la “corte delle maschere” e il “luogo degli incontri”, spazi interstiziali non costruiti recuperati al confronto che, nel rimarcare un senso unitario alla composizione, stimolano una fruizione temporalizzata a favore di visioni pluriprospettiche dal forte carattere collettivo e partecipativo. Ciò che si genera è, infatti, una sorta di microcittà introflessa dentro la città più estesa, una spazialità densa di significati e presenze multiple che senza mortificare la storia del sito ne compie una rilettura in senso urbano detonando nuove relazioni fra parti sconnesse del paesaggio: il mare con le banchine di approdo, e in tal senso si può affermare che l’intervento si manifesterebbe come manifesto della città per chi arriva in nave; i quartieri di San Cristoforo e Civita, segnati da un degrado abbastanza diffuso; il centro storico consolidato con le sue cupole che svettano, al pari del “ponte” di collegamento previsto, sullo skyline della città.